lunedì 6 dicembre 2010

ora lunga: gli svantaggi prevalgono

A più di tre mesi dall'inizio di questa novità diventa possibile un più meditato bilancio sulle ore non riducibili, le ore lunghe.
Il buon senso dovrebbe guidare il giudizio: se da un lato appaiono eccessive le riduzioni senza recupero a soli 45 minuti, dall'altro 60 minuti interi comportano un allungamento davvero pesante, che si sente soprattutto nelle ultime ore della mattinata.

Ad esempio la quinta ora sembra non passare mai: uno guarda l'orologio, mancano 5 minuti all'una, interrogare ha già interrogato, spiegare ha già spiegato, che fare? Certo, si può sempre spiegare altre cose, ma alla fine il programma deve essere sopportabile per gli studenti, che non lo reggono oltre una certa ampiezza, se vogliamo essere realisti.

Alcune materie, quelle che comportano esercizi alla lavagna, per esempio, come matematica, possono reggere meglio, così come possono reggere materie che implichino un abbondante uso dei testi, da leggere e commentare, come italiano, latino, lingue. Ma materie che consistono essenzialmente di lezioni frontali hanno oggettive difficoltà a riempire i nuovi spazi.

Altra considerazione è che questo assetto nasce da giudizi sbagliati: a) che nella scuola non si lavori abbastanza, b) che il lavoro scolastico consista essenzialmente nella trasmissione - quantificabile - di nozioni.
Io non so se in qualche scuola o classe non si lavori abbastanza: è plausibile; ma la soluzione non può essere di costringere studenti e docenti a stare mezz'ora in più in classe. Ciò non assicura un miglioramento della qualità dell'offerta didattica, che non è meccanicamente quantificabile.

Ci sentiamo perciò di riproporre la petizione contro l'ora pesante.

lunedì 11 ottobre 2010

D'Avenia su scuola e giovani

tratto da una intervista di Tracce:
D'AVENIA Io, don Puglisi e la sfida del Papa a Palermo
di Giuseppe Di Fazio
11/10/2010 - Dopo la visita del Papa a Palermo, lo scrittore e prof palermitano Alessandro D'Avenia interviene sul quotidiano "La Sicilia". Dalla questione giovanile alla crisi della scuola
Alessandro D'Avenia

Il suo primo romanzo (Bianca come il latte, rossa come il sangue) è risultato un best seller, che l’ha portato a divenire un autore di riferimento della «letteratura adolescenziale». Ma Alessandro D’Avenia, 33 anni, palermitano, una laurea in lettere classiche e un mestiere di insegnante praticato in un liceo milanese, non è un nuovo Moccia. Nella sua scrittura ci sono la passione educativa di un prof e le domande «dense» dei suoi allievi. E c’è anche l’esperienza dell’intellettuale emigrato con la nostalgia della propria terra e quella dello studente che a Palermo ebbe un prof di religione sui generis: don Pino Puglisi (il sacerdote ucciso dalla mafia a Palermo nel 1993). D’Avenia interviene nel dibattito sulle nuove generazioni aperto dal nostro giornale, prendendo spunto dall’incontro fra Benedetto XVI e i giovani siciliani. «Il richiamo del Papa a Palermo - dice - spinge i ragazzi a cercare una vita grande, piena di senso. La crisi, infatti, è crisi di significato». Ma spesso i giovani non ne hanno colpa. I loro insegnanti o i loro genitori difficilmente riescono ad essere maestri di vita e a prendere sul serio le domande più profonde che vengono dai ragazzi, che, in questo modo, finiscono per rifugiarsi nell’ideale di una vita comoda.

Professore, l’apatia dei giovani è divenuta - per dirla con Pietro Barcellona - una vera e propria malattia sociale. Tutto il contesto (scuola, università, mass media) sembra congiurare per ridurre o addormentare il cuore dei ragazzi e le loro domande più profonde. Qual è radice di questa realtà?
L’apatia dei giovani è l’apatia degli adulti. Diceva Chesterton che «l’evoluzione è ciò che avviene quando dormiamo, la rivoluzione quando siamo svegli». L’uomo è uno spirito in carne e ossa. Lo spirito oggi è invitato a dormire, a lasciarsi andare ad una dolce anestesia interrotta periodicamente da dolorosi risvegli: insoddisfazione, frustrazione, paura, smarrimento. I ragazzi non trovano maestri capaci di svegliare il loro spirito. La crisi dei ragazzi è la crisi della cultura che li ha generati. Una cultura dominata dal relativismo, che è privare la realtà delle differenze, genera indifferenti. Il relativismo banchetta con la testa e il cuore dei ragazzi. La sfida è rendere i ragazzi “cuori pensanti”, riconciliando la verità con la vita di tutti i giorni.

Come docente, qual è il suo rapporto con gli studenti? A cosa tiene di più nel rapporto con i giovani?
Imparo da loro e loro da me. Diceva Confucio: «Se percorrerò la strada con altri due uomini, almeno uno di loro sarà il mio maestro». La scuola è una relazione vitale, di continuo scambio: se non imparo, vuol dire che non sto insegnando. Ciò a cui tengo di più è la libertà. Insegnare è educare ad essere liberi. Sta crollando su sé stesso il mito della libertà assoluta: fare ciò che voglio purché non leda la libertà altrui. Non basta. Il segreto della libertà è essere impegnata per qualcosa e qualcuno. Quando il mio professore di lettere, Mario Franchina, mi prestò la sua edizione del poeta che preferiva, dicendomi: «Questo tu lo puoi capire», faceva scaturire la responsabilità dall’interno della libertà. Mi aiutava a vedere una mia qualità ancora tenue e la incoraggiava riponendo in essa una fiducia maggiore di quello che in quel momento valeva. Quel gesto mi obbligò senza obbligarmi a mettermi in gioco. Faceva nascere la libertà di impegnarmi da un surplus di fiducia, che nello stesso atto mi comprendeva e mi lanciava nel futuro. La libertà è parola che viene dal latino: liberus, che vuol dire figlio. Se mi rapporto ai miei alunni come un padre allora cominciano ad essere liberi, cerco di mettermi al servizio di ciò che hanno di più intimo, per preservarlo, incoraggiarlo, li aiuto a diventare sé stessi nel massacro di identità odierno.

Il professore nella scuola di oggi è divenuto un burocrate. Perché ci sono sempre meno educatori e maestri?
Fare il professore è una vocazione. Diventa burocrate solo chi non ha questa vocazione. Ci sono molti più maestri di quel che crede, ma nessuno li racconta.

giovedì 23 settembre 2010

Gelmini, ripensaci: no all'ora pesante

Le "ore pesanti" nella scuola ... pesano. Sono una brutta trovata della Gelmini. Bisognerebbe convincerla a fare marcia indietro. Si può tentare di farlo firmando la petizione online: ore-scolastiche-di-60-minuti-no-grazie.

mercoledì 22 settembre 2010

il Papa agli insegnanti (sett. 2010)

INDIRIZZO DEL SANTO PADRE AGLI INSEGNANTI E RELIGIOSI

Cappella del St Mary’s University College


Eccellentissimo Segretario di Stato per l’Educazione,
Venerato Fratello Mons. Stack,
Dr Naylor,
Reverendi Padri,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

sono lieto di avere questa opportunità di rendere onore al notevole contributo che Religiosi e Religiose hanno dato in questa terra al nobile compito dell’educazione. Ringrazio i giovani per i loro bei canti e ringrazio Suor Teresa per le sue parole. A lei e a tutti coloro che, uomini e donne, hanno dedicato la vita ad insegnare ai giovani, desidero esprimere i miei sentimenti di profondo apprezzamento. Voi formate nuove generazioni non solo nella conoscenza della fede ma in ogni aspetto di ciò che significa vivere come cittadini maturi e responsabili nel mondo odierno.

Come sapete, il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società; l’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore perché “nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa” (Sap 7,16).

Questa dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles. Poiché la ricerca di Dio che si colloca nel cuore della vocazione monastica, richiede un attivo impegno coi mezzi tramite i quali egli si fa conoscere - la sua creazione e la sua parola rivelata - era semplicemente naturale che il monastero dovesse avere una biblioteca ed una scuola (cfr Discorso ai rappresentanti del mondo della cultura al “Collège des Bernardins” a Parigi, 12 settembre 2008).

Fu l’impegno dei monaci nell’imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di Dio che gettò le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali.

Guardandomi attorno oggi, vedo molti Religiosi di vita apostolica il cui carisma comprende l’educazione dei giovani. Questo mi offre l’opportunità di rendere grazie a Dio per la vita e l’opera della Venerabile Mary Ward, nativa di questa terra, la cui visione pionieristica di vita religiosa apostolica per le donne, ha portato così tanti frutti. Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle “Dame Inglesi” e devo loro un profondo debito di gratitudine. Molti di voi appartengono ad ordini dediti all’insegnamento, che hanno portato la luce del Vangelo in terre lontane come parte del grande lavoro missionario della Chiesa ed anche per questo rendo grazie e benedico il Signore.

Spesso avete avviato le fondazioni per contribuire all’educazione molto prima che lo Stato assumesse una responsabilità per questo vitale servizio all’individuo e alla società. Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro. Inoltre, la presenza dei religiosi nelle scuole cattoliche è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico, che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica. Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita ed i giovani possano scoprire la gioia di entrare nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe Salvi, 28).

Prima di concludere desidero aggiungere una particolare parola di apprezzamento per coloro il cui impegno è quello di garantire che le nostre scuole assicurino un ambiente sicuro per i bambini e i giovani. La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno. Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa. Confido che questo possa continuare ad essere un segno distintivo delle scuole cattoliche in questo Paese.

Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, vi invito alla preghiera.

Venerato Fratello Stack, vorrei chiederle di accettare in dono, quale Presidente dell’ufficio dei Governatori dell’Università di Saint Mary e a nome del Collegio, questo mosaico della Beata Vergine Maria.

lunedì 13 settembre 2010

Gelmini, ripensaci

Non alla riforma nel suo insieme: l'impianto non è male. Su quella anzi: tira dritto. Un invito al ripensamento sull'assurdo delle ore di 60 minuti. Si tratta di un carico a) inutile e b) pesante. Come può capire solo chi vive nella scuola.
Uscire alle 12.50 o alle 13.10 fa una certa differenza. Negativa. Dui la Gelmini pare inconsapevole.
Sadismo, verrebbe da dire, se la cosa fosse cosciente. Ma vogliamo sperare sia solo incoscienza.

mercoledì 18 agosto 2010

programmare filosofia

Ha ragione la Gelmini: occorre finalmente accorgersi che siamo nel 2000, e spostare in avanti il termine delle spiegazioni: non si dovrebbe evitare
  • Husserl e la fenomenologia,
  • Heidegger,
  • il neopositivismo e la filosofia analitica (almeno in sintesi)
Per arrivarci occorre avere fatto come minimo Kant nel penultimo anno, e magari si potrebbe pensare di anticipare Fichte e Schelling. Nel penultimo anno occorre stringere su alcuni autori: penso ad esempio agli empiristi. A mio parere non è il caso di sostare su Locke e Hume più di due ore per uno.
Viceversa nel primo anno occoprre dare il giusto rilievo alla filosofia medioevale, riservandole non meno di due mesi.

domenica 11 luglio 2010

commissioni d'esame 2010 troppo buone: lo dice Invalsi

Secondo un controllo effettuato dall'Invalsi le commissioni per l'esame di stato (2010) sono state di manica troppo larga: stando alle loro valutazioni le insufficienze sono solo il 12,6%, mentre per Invalsi esse dovrebbero essere del 57%, viceversa le eccellenze per i commissari sono al 23%, mentre per Invalsi avrebbero dovuto restringersi al 4%.

giovedì 17 giugno 2010

voto di condotta

E' fallito, per la caparbia resistenza di dirigenti e docenti, il progetto gelminiano di rendere quello di condotta un voto come tutti gli altri. Nossignori, no pasaràn! La scuola è tenacemente abbarbicata al suo vecchio rituale, per cui i voti possono solo essere tre: 8, 9 o 10.
La Gelmini dovrebbe prenderne atto e decidere a) di abolire il voto di condotta, visto che i docenti non si vogliono proprio decidere a usarlo; b) toglierlo dalla media per il calcolo del credito, così da impedirne almeno una innaturale lievitazione, magari utilizzando delle lettere invece che i numeri, magari solo 4, o 5 lettere (dalla A alla D, o alla E).

giovedì 10 giugno 2010

Se vengono compresi

La tenerezza di un volto,
il singhiozzo
in cui s'incunea lo scorrere del tempo,
nella simpatia di un'amicizia
l'abbraccio in cui si libra la speranza.

Sono indifesi i giovani
che caracollano nei lunghi corridoi,
fragili nel loro desiderio
s'arrabattano alla ricerca di qualcosa che non sanno.

Furtivi e circospetti
temono la stretta di regole e nozioni,
incerti e titubanti
si destano improvvisi
se vengono compresi da uno sguardo.

ULTIMI GIORNI DI SCUOLA

Scorrono gli ultimi giorni di scuola,
furtivi gli sguardi
di chi arranca a sorprendere il filo di lana,
la gioia sui volti
di chi sente le vacanze vicine.  

Un anno trascorso
a cercare il punto
in cui si compie il sapere,
tra i banchi a snidare
il bisogno che apre infiniti orizzonti.

Da te, caro amico,
ho imparato a guardare l'istante,
a fissare il destino
che s'imprime nel tempo;
è questo che rimane di un anno,
più vivo che mai sussulta il desiderio. (G.Mereghetti)

domenica 24 gennaio 2010

consigli di don Giussani

Come fate voi a vivere la vostra vita in maniera diversa dagli altri?
Primo, preparate le lezioni; non andate in classe sulla forza delle lezioni precedenti perché ormai siete esperti.
Poi, secondo, fate tutto per amore di Gesù, perché quello che non fate per amore di Gesù è sprecato;
e, terzo, date del tu allo studente, vale a dire la capillarità, così che l’alunno riconosca che tu lo guardi perché è lui. Se si sente guardato così da te, scatta un rapporto di reciprocità: è l'amicizia!

venerdì 22 gennaio 2010

voto di condotta

Incongruo: un bel voto (come è ormai, dopo i cambiamenti voluti dalla Gelmini, l'8) viene dato solo a chi fa qualcosa di brutto.